Il famoso cane a sei zampe, simbolo dell’azienda petrolifera, è la riproposizione di una scultura presente sulla facciata della cattedrale e raffigurante un drago, che nel Medioevo infestava le acque salmastre di un antico lago tra Lodi e Milano
Lo vediamo sui cartelli di alcune stazioni di rifornimento in autostrada, oppure sul logo delle bollette se siamo clienti dei servizi di luce e gas forniti dall’azienda, e poi, ancora…su un fregio di marmo, il primo a destra del portone centrale del Duomo di Milano!
È il simbolo dell’Eni, quello strano animale a sei zampe che sputa fuoco e che nessuno riesce a comprendere che cosa raffiguri esattamente: un cane, un drago?
Ma soprattutto, perché è scolpito su un bassorilievo della nostra cattedrale?
La leggenda medievale fa chiarezza sul mistero.
Partiamo dalla scultura sulla facciata del Duomo. Chi si avvicinasse a scrutarla, vedrebbe che si tratta di un curioso animale: collo allungato, zampe palmate, testa rotonda.
Cos’è? Ci si potrebbe lasciare andare alle ipotesi, ma non servirebbe, perché questo strano essere, per la precisione un drago, ha un nome, Tarantasio, e un luogo di residenza, il lago Gerundo.
D’altra parte, anche i più esperti geografi potranno confermarci che un tale lago in Italia non risulta, su alcuna cartina. Infatti non esiste. Ma prima sì.
Per capire, dobbiamo andare indietro nel tempo, al 1100. Il Duomo di Milano ancora non c’è, e la Lombardia è continuamente inondata dalle acque dell’Adda, del Serio, del Lambro e del Po, che non fanno altro che straripare.
La massa d’acqua che esonda è tale che la pianura tra Lodi e Milano è un immenso acquitrino, anzi un vero e proprio lago, che le cronache dell’epoca chiamano appunto “lago Gerundo”.
Nessuno lo ama, perché rende difficili gli spostamenti, puzza, è mefitico e rilascia improvvise vampate di fuoco. Insomma, tutti gli ingredienti per convincersi che in quelle acque salmastre abiti un feroce drago, Tarantasio. Il mostro prende il suo nome da Taranta, una località nei pressi di Cassano d’Adda.
Il 31 dicembre 1299 il drago smette di dare segni di sé. Tarantasio è dunque morto, e si può benedire la scomparsa di questo flagello con una raffigurazione scaramantica sulla facciata della maestosa neo cattedrale di Milano.
Trascorrono i secoli, e nel secondo Dopoguerra Enrico Mattei assume la gestione dell’Agip, oggi Eni.
Dopo qualche tempo l’azienda scopre, nelle stesse zone un tempo ricoperte dal lago Gerundo, immensi giacimenti di gas metano.
Lo scultore Luigi Broggini, incaricato dalla società di disegnare il logo della compagnia, conosce bene la leggenda di Tarantasio.
Crede anche che la scoperta dei giacimenti di gas negli stessi luoghi in cui un tempo il drago sputava le sue lingue di fuco non sia una coincidenza.
Così, decide di rendere omaggio al vecchio Tarantasio riportando la sua immagine sul marchio dell’azienda.